Spl, la partecipazione di un Comune a una società mista non è irreversibile

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L’ente non può essere obbligato ad affidare il servizio alla stessa società senza procedere a valutazioni alternative più convenienti

La partecipazione di un Comune a una società mista, inizialmente costituita per lo svolgimento di un servizio pubblico, non può mai obbligare l’ente ad affidare il servizio alla società stessa, senza procedere a valutazioni alternative più convenienti.

Il caso in esame

La fattispecie esaminata dal Tar Lazio (sezione II bis, sentenza n. 5452/2024) ha per oggetto il ricorso presentato da una società nei confronti degli atti deliberativi di un Comune che ha scelto, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 14, comma 2, del Dlgs 201/ 2022, di affidare il servizio di igiene ambientale mediante ricorso a una gara a evidenza pubblica secondo lo schema dell’appalto di servizio.

La contestazione mossa dalla ricorrente si fonda a partire dal fatto che il Comune avrebbe violato l’impegno assunto con la medesima in sede di sua costituzione. Si deve precisare, infatti, che la ricorrente è una società mista costituita nell’anno 2013 dal Comune in questione, assieme ad altri enti pubblici locali, per lo svolgimento della gestione dei rifiuti urbani dei territori aderenti al partenariato pubblico privato a suo tempo avviato. Secondo la ricorrente, la violazione si sarebbe realizzata per effetto della previsione di cui a uno specifico articolo del relativo bando di gara a doppio oggetto che prevedeva l’impegno degli aderenti a conferire, alla scadenza dei contratti in essere, il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani alla società ricorrente, quale soggetto privato selezionato nell’iniziativa di partenariato.

L’ente comunale ha, invece, scelto di procedere, una volta scaduti i contratti degli affidamenti in essere, con l’esternalizzazione del servizio mediante gara ad evidenza pubblica.

Le osservazioni del Tar con riguardo la società mista in esame

Con riguardo il caso in esame, e nello specifico la scelta passata dell’ente di aderire alla società mista, il Tar considera non prodotta alcuna violazione da parte dell’ente comunale socio, in quanto è possibile constatare che:

  • il bando della gara a doppio oggetto con cui è stato individuato il partner privato (l’attuale società ricorrente) fa decorrere la durata dell’affidamento del servizio dalla stipula del contratto di servizio: il Tar, ricordando come l’articolo 24 del Testo unico individui nel contratto di servizio come l’unica fonte dell’obbligo per l’ente locale di affidare il servizio, sottolinea, come nel caso in esame, che il Comune non ha mai stipulato il contratto di servizio con la società ricorrente e, quindi, non ha mai assunto alcun obbligo nei confronti di quest’ultima;
  • sul piano amministrativo, il relativo bando della gara ad doppio oggetto è stato emesso dalla Provincia “OMISS” che ha operato quale soggetto “delegato” e quale stazione appaltante, senza specificare né i nominativi degli eventuali enti deleganti né i riferimenti specifici alle convenzioni a tal fine necessarie ex articolo 30 del Dlgs 267 /2000: il Comune non ha mai delegato alla predetta Provincia le funzioni di stazione appaltante per la scelta del socio privato.

Sulla base di tali elementi, oltre alle osservazioni che seguono, il Tar ritiene la predetta scelta del modello di gestione del servizio, Società Mista, non irreversibile.

Le osservazioni del tar tenuto conto dei principi del Tuspl

Secondo il parere del Tar, che approfondito il contesto normativo relativo agli affidamenti dei servizi pubblici locali, di cui al Dlgs 201/2022, l’eventuale partecipazione, anche pregressa, di un Comune a una società mista non può mai obbligare l’ente ad affidare il servizio pubblico locale alla società stessa. Tale presupposto è reso evidente dai principi delineati dal Tuspl, con specifico riguardo dei seguenti:

  • il principio dell’autonomia organizzativa dell’ente (articolo 14, comma 1, del Tusp) al quale compete la scelta dei modelli gestionali dei servizi pubblici – tra cui la gara ad evidenza pubblica, la società mista, la società in-house – che meglio possono consentire il perseguimento dell’interesse pubblico;
  • Il principi di cui all’articolo 3 del Tusp nelle previsioni per cui:
    • I Spl rispondono alle esigenze delle comunità di riferimento e alla soddisfazione dei bisogni dei cittadini e degli utenti, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità;
    • Nell’organizzazione e nella erogazione dei servizi di interesse economico generale di livello locale deve essere assicurata la centralità del cittadino e dell’utente, anche favorendo forme di partecipazione attiva dello stesso;
  • Gli obblighi di cui agli articoli 14 e 30 del Tusp, con riferimento, rispettivamente, alle motivazioni sottostanti la scelta del modello gestorio e le verifiche periodiche sul servizio affidato.

Proprio a partire da tali ultimi obblighi, il Tar mette in luce che i criteri seguiti per giustificare il modello gestorio prescelto dall’ente locale tiene conto di dati e caratteristiche del servizio che non sono immutabili nel tempo; bensì gli stessi sono valutati al momento della scelta e nel corso di tutto l’affidamento, come si evince dall’obbligo di “ricognizione periodica”, aggiornata ogni anno, che richiede la verifica:

  • del concreto andamento dal punto di vista economico, dell’efficienza e della qualità del servizio;
  • del rispetto degli obblighi indicati nel contratto di servizio, in modo analitico, tenendo conto anche degli atti e degli indicatori di cui agli articoli 7, 8 e 9″ (articolo 30 del Dlgs 201/22).

Tale ricognizione annuale ha ad oggetto la verifica della perdurante esistenza delle ragioni che hanno condotto l’ente locale a prescegliere una determinata modalità di gestione del servizio e, in caso di esito negativo, risulta propedeutica alla modifica di tale modalità.

Una contraria soluzione sarebbe, per altro, contraria al principio di buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’articolo 97 della Costituzione, in quanto imporrebbe al Comune di continuare a gestire il servizio con modalità ritenute non più convenienti.

Conclusioni

Secondo il Tar, dunque, la riconosciuta inesistenza di un vincolo derivante dallo svolgimento della pregressa gara a doppio oggetto, con cui è stata costituita la società mista, e la conseguente possibilità e, anzi, obbligo, per l’ente locale di effettuare la scelta gestionale tenendo conto, all’attualità, dei criteri normativamente previsti, inducono a ritenere corretta l’azione esperita dall’ente pubblico, la cui scelta del più opportuno modello gestionale del servizio pubblico si è fondata a partire dalle esigenze esistenti al momento dell’adozione di tale atto.

Dunque, la partecipazione di un ente locale a una società mista, inizialmente costituita per lo svolgimento di un servizio pubblico, non può mai obbligare l’ente ad affidare il servizio alla società stessa, senza procedere a valutazioni alternative più convenienti.

Forse l’errore più rilevante è stato quello di costituire una società mista senza contestuale affidamento del servizio, costituendo tale partecipazione una mera partecipazione finanziaria, svincolata da una contestuale valutazione di opportuna convenienza sotto i diversi profili ( efficacia, efficienza e qualità) a cui il servizio deve immediatamente rifarsi senza un rinvio temporale futuro che, alla luce delle motivazioni della sentenza del Tar, risulterebbe indeterminato e, quindi, non vincolante.

NT+ Enti Locali & Edilizia” – IlSole24Ore
del 28 Marzo 2024
Ciro D’Aries e Alberto Ventura

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